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cresciuto nella benestante e istruita borghesia di Torino, laureato in Economia, esperienze di lavoro all’estero, quindi imprenditore e amministratore delegato di un’impresa di servizi all’industria.
Ora la globalizzazione e le trasformazioni in corso in Italia l’hanno tagliato fuori da lì.
Da un lato Rolando vede alcuni dei suoi clienti faticare più di prima, nel pieno di una recessione industriale ormai strutturale che si trascina da (almeno) un anno e mezzo.
Dall’altro una settimana a Paraggi con la moglie e i due figli ormai costerebbe almeno quattromila euro, mentre il turismo fa registrare balzi di fatturato del 20% rispetto al 2023.
Benvenuti nell’Italia di oggi, al record di occupazione, disorientamento e rabbia sociale.
Quello che vedete qui sopra è il listino prezzi dei Bagni Fiore a Paraggi, comune di Santa Margherita Ligure, per quest’estate.
Ombrellone fino a 350 euro al giorno; parcheggio 48 euro; poi l’hotel da quasi mille euro a notte e il ristorante da almeno 80 euro a persona a pasto.
Il prezzo meno pubblicizzato è quello dell’affitto pagato per la concessione di sfruttamento al proprietario della spiaggia, cioè allo Stato: 5.
840 euro e 29 centesimi per il 2024, più o meno i ricavi di un paio di file di ombrelloni in un giorno permettersi a posto un anno.
Ho parlato altre volte dell’efficacia dei gruppi d’interesse compatti, liquidi e determinati nel catturare la politica.
E di un fenomeno più ampio: il lungo, lento allontanarsi dell’Italia dalla frontiera della tecnologia, della produttività e dunque del reddito dei più Paesi avanzati al mondo.
Questo fenomeno sta tirando il potere d’acquisto anche dei ceti benestanti d’Italia sempre più indietro rispetto ai corrispondenti ceti dei Paesi più ricchi.
Per alcuni aspetti, siamo ormai da qualche parte a metà strada fra un Paese sviluppato e un Paese che non lo è così tanto.
Ho qualche mese fa che nel 1992 il reddito per abitante negli Stati Uniti era di appena il 9% sopra a quello dell’Italia, in dollari correnti (secondo la Banca mondiale), mentre l’anno scorso era superiore del 113%.
In trent’anni, ci hanno più che doppiati.
Le conseguenze si notano oggi nel listino prezzi dei Bagni Fiore, nella vita di Giulio Rolando e di milioni come lui e come noi.
Non possiamo più permetterci certe cose, neanche a casa nostra.
Poiché circa otto turisti stranieri in Italia su dieci oggi vengono dagli Stati Uniti (stima di Bernabò Bocca, grande albergatore e presidente di Federalberghi) e poiché l’aumento di presenze turistiche di stranieri quest’anno è del 14% rispetto al 2023 (stima Federalberghi), inevitabilmente in Italia si è creato un sistema di prezzi duale.
Ci sono i prezzi per noi e poi ci sono i prezzi per loro.
Noi vediamo e dalla difficoltà delle nostre aziende nello stare sul mercato o dello Stato nel controllare il debito.
Loro invece sono quelli che vivono sulle coste degli Stati Uniti e hanno comprato le azioni di Nvidia (più 166% in un anno) quando noi non avevamo ancora sentito nominare quest’azienda che produce chip per l’intelligenza artificiale; magari loro sono quelli che a Nvidia o a Wall Street o con l’intelligenza artificiale ci lavorano veramente.
Così i prezzi italiani fatti per noi a loro sembrano incredibilmente bassi, come a noi sembravano bassi quelli dell’Europa orientale dopo la caduta del Muro.
E i prezzi fatti per loro – i turisti stranieri – a noi risultano inarrivabili.
Solo che loro hanno scelto i luoghi più belli, quelli della nostra infanzia, quelli che un tempo sentivamo nostri e ora sono frequentabili solo da loro.
Non voglio dire, con tutto questo, che sono diventato trumpiano.
Non penso che la soluzione sia nell’espellere o limitare il turismo dal resto del mondo.
Non voglio applicare il protezionismo ai beni naturali e artistici del Paese.
La Banca d’Italia stima che il fatturato del turismo quest’anno sia salito del 20% solo nei primi due mesi rispetto allo stesso periodo del 2023 e senza questo incredibile boom l’Italia probabilmente sarebbe vicina a uno stato di recessione permanente.
Perché intanto quello che tradizionalmente è stato cuore dell’economia, l’industria manifatturiera, dà segnali strutturali di malessere.
Sta perdendo terreno nei settori più tradizionali dell’ingegneria italiana.
Una spia è il fatturato delle fonderie, che riciclano i metalli e li lavorano per fornire beni d’investimento dal settore auto alla meccanica, dall’industria aerospaziale alle macchine utensili, dall’edilizia alla produzione di energia rinnovabile.
Il migliaio di fonderie d’Italia sono una finestra per affacciarsi sul resto del Paese e capire quando ancora riesca a fare cose, senza limitarsi a mettere a disposizione luoghi belli e a servire i turisti che li visitano.
Bene, in un anno il fatturato delle fonderie è giù del 12%, informa l’associazione di categoria Assofond.
E non è il solo settore a andare male, né si tratta di una difficoltà passeggera o di un mal comune all’Europa.
Non solo perché l’industria è in calo da quasi un anno e mezzo (giù del 3% in un anno), mentre i volumi di export – informa l’Istat – sono giù del 3,4% a maggio sul maggio del 2023.
C’è un problema più generale.
Fatti pari a 100 i livelli del 2021, ecco cosa ci dice l’agenzia statistica europea Eurostat della produzione industriale a maggio: Svizzera: 108, Spagna: 101,3, Olanda: 100,7, Francia: 98,8, Unione europea: 98,7, Belgio: 96, Italia: 94,9, Germania: 92,7.
Quel che sta accadendo è strutturale, non passeggero.
Investe i settori sui quali siamo rimasti indietro sull’evoluzione mondiale delle tecnologie (automotive) e tutti i settori ad alta intensità di energia.
L’esportazione di mezzi di trasporto è giù di un quinto in un anno, mentre i settori più colpiti sono tutti serbatoi strategici di competenze: chimica, siderurgia, carta, materiali da costruzione.
Anche qui, c’è una logica.
A causa dei ritardi nella transizione alle rinnovabili che hanno le risorse per sussidiarla pesantemente (Francia e Germania) e di quelli che hanno accelerato davvero sul fotovoltaico (Spagna).
Massimo Beccarello della Bicocca sottolinea come, in proporzione, dopo la crisi energetica i prezzi dell’elettricità siano divenuti ancora più sfavorevoli all’Italia rispetto ai principali concorrenti (vedere la tabella qui sotto).
«Ridurre il costo dell'energia è la riforma più urgente di cui necessita l'industria italiana», dice il presidente dell’associazione di categoria delle fonderie Assofond Fabio Zanardi.
Ma voi ne sentite parlare? Io sento solo una discussione sulla transizione verde molto simbolica e «ideologica» (sinonimo di «vaga» nel gergo politico attuale).
Non sento dire – come pure è vero – che l’ultimo decreto di governo sulle aree idonee agli impianti di rinnovabili rischia di tenere fuori questi ultimi da un raggio di sette chilometri da tutti i terreni vincolati per beni artistici o naturali; dunque.
Che Paese prende forma da un continuo e persistente boom del turismo di visitatori esteri molto più ricchi di noi e dal continuo e persistente declino dell’industria tradizionale? Sarebbe un’Italia in cui, come ora, si continuano a battere record di occupazione perché l’accoglienza ha un’alta intensità di manodopera.
Sarebbe un’Italia in cui tra non molti anni il turismo con il suo indotto sorpasserebbe la manifattura per peso nell’economia.
Non ci siamo ancora arrivati, ma quel momento s’intravede.
E si sente nell’atmosfera psicologica del Paese